Già da bambina vestiva in modo stravagante, accostando colori insoliti e fantasie contrastanti. Con gli anni ha mantenuto un’attenzione creativa verso la moda e gli accessori, conservando l’interesse per tutto ciò che è particolare, e coltivando la passione per l’artigianato sartoriale. Da 2 anni, Giulia Montagna, 27enne di Anzano del Parco (Como), laureata in Scienze Ambientali a indirizzo Marino, ha dato vita a Moku, bottega di abbigliamento e accessori di sartoria, dove confeziona quelle che chiama “favole urbane”. L’abbiamo incontrata in un fiera dedicata alle donne artigiane ad Abbiategrasso (Milano), mentre in questi giorni si sta preparando per Fa’ La Cosa Giusta, evento che si svolgerà dal 15 al 17 marzo 2013 a Milano. L’elemento che la contraddistingue? L’entusiasmo. Che trapela da ogni sua parola.
Giulia, come è nata la tua passione per l’artigianato sartoriale?
«Ho sempre confezionato abiti e accessori per hobby, imparando da autodidatta e con i consigli di mamma e nonna. Poi negli anni dell’università facevo mercatini in cui vendevo i capi che producevo, e intanto mi “allenavo”. La svolta però è arrivata 3 anni fa quando sono stata, come visitatore, a “Fa’ la cosa Giusta”, e ho capito davvero che cosa volevo fare. Allora ho partecipato al mio primo evento, “So critical so fashion” a Milano, ed ero emozionatissima nel vedere che i miei prodotti riscuotevano successo, e così ho continuato…».
Sono molte le fiere alle quali partecipi?
«Sì, sono stata a Berlino, Lione, Roma, andrò a Verona al Festival Handmade il 13-14 aprile e tornerò alla Mostra dell’Artigianato a Firenze dal 20 al 28 aprile. Le fiere e gli eventi sono il mio strumento per creare contatti e tessere una vera e propria ragnatela di clienti e passaparola. Il mio laboratorio è in casa, e il mio target sono donne estrose, amanti dei capi particolari, degli accessori originali che si fanno notare».
Come mai hai scelto proprio di puntare sugli eventi piuttosto che su una bottega fisica?
«Perché sono ancora agli inizi e, sebbene la mia attività artigiana mi consenta, anche se in modo modesto, di vivere del mio lavoro e di essere autonoma, ci vuole ancora tempo perché io riesca ad avere un negozio con un giro di clienti sufficiente. Andare di fiera in fiera mi dà modo di farmi conoscere e riconoscere, e alle clienti di fidarsi di me. Così un domani potranno raggiungermi in una bottega vera e propria».
Quali sono le maggiori difficoltà che stai incontrando?
«Direi l’organizzazione, perché devo fare tutto da sola, dalla burocrazia alle iscrizioni, seguire i programmi e i calendari delle fiere, oltre a confezionare i prodotti naturalmente. Anche creare una rete di negozi che vendano i miei capi porta via tempo, e finora ho ancora pochi punti di rivendita dei miei articoli».
I tuoi articoli, dagli abiti ai cerchietti, sono molto particolari e originalissimi. Eppure sei autodidatta…
«Esatto, negli anni mi sono migliorata e ho trasformato la mia creatività, credo sia questa una delle abilità dell’artigiano, che deve adattarsi e variare sempre nel tempo ciò che realizza».
Che materiali usi?
«Per l’abbigliamento acquisto tessuti e stoffe di fine lavorazione, ma anche teloni pubblicitari che taglio e adatto con il collage insieme ad altre stoffe per fare gli abiti, mentre per i cerchietti recupero oggetti come orologi, ingranaggi, dischi…».
Però sei anche laureata. Pentita oppure rifaresti il percorso universitario?
«Pentita no. Nella laurea ho sempre creduto, però ho capito che quello che volevo fare, e cioè lavorare in mare, non era fattibile. Con il tempo inoltre è emersa anche più forte la mia vena artistica e ho capito che volevo fare l’artigiana. La laurea però rappresenta il percorso che mi ha portata fino qui: se avessi seguito ad esempio una scuola di moda molto probabilmente non starei facendo questo, ora. Sono felice e non rinnego proprio nulla, rifarei tutto esattamente così!».
Ma dagli studi universitari qualcosa ti è rimasto, da poter sfruttare nel tuo mestiere?
«Di certo l’impostazione, il metodo di lavoro, la gestione del tempo e delle incombenze. Avevo capito di non voler lavorare nel settore della mia laurea già negli ultimi periodi di università, ma ho voluto comunque concludere un capitolo per iniziarne uno nuovo».
Oggi come vedi la situazione dei giovani, del lavoro e dell’artigianato?
«L’artigianato oggi non viene visto come un ripiego, anzi, rappresenta un ritorno ai mestieri antichi che ricominciano a essere importanti anche per il pubblico. I clienti apprezzano oggi di nuovo un capo d’abbigliamento un po’ più costoso ma di qualità, sono tornati ad amare il valore umano che c’è dietro al lavoro e al confezionamento di un abito».
E per te il lavoro artigiano cos’è?
«È crescita e scambio. Lavoro tanto, non diventerò ricca, ma sono soddisfatta e felice e faccio ciò che amo. Partecipare alle fiere mi dà quella carica e quella motivazione che mi impediscono di essere “grigia”, scoccano vere e proprie scintille con le clienti che amano i miei prodotti».